domenica 16 gennaio 2011

Scimmie che parlano di scimmie.

Scimmie...

che saltano, si arrampicano ed urlano in modo primordiale.

Siamo tutti scimmie che si aggrappano fra di loro in cerca di carne.

Scimmie che danzano barbaricamente seguendo il ritmo dell'ossessione vivente. Ossessione celata in un falso sorriso, vittima della frustrazione alla ricerca del sesso estremo.

Scimmie che si divertono autodistruggendo il corpo, che lasciano marcire l'anima in mezzo a psicologie malsane.

Perversi che si vestono di materia sociale, eleganza ed opulenza frutto del male. Business carnale guidato dal ritmo infernale della discoteca, tutti alla dannata ricerca di un calice da riempire con avidità.

La caccia senza prede, se non sé stessi.

Svenduti al prezzo più basso che esiste, al saldo dell'essere umano, nascosti dietro ad una birra o ad un cocktail che presto svanisce. E allora, per creare una barriera resistente, se ne cerca un altro ed un altro ancora da mandare giù come fosse un casco di banane.

Simbolo che sbuccia il sesso di ogni scimmia in calore.

Simbolo della celata dipendenza che si respira intossicando una serata sfasata.

Simbolo di quanto si è vittime di una romanzata evoluzione.

Un romanzo di scimmie che parlano di scimmie.


Rubens Lanzillotti

lunedì 29 novembre 2010

Suite for Malcolm


Auditorium di Roma. Foyer della sala principale. Sulla destra c'è un parate con una fila di tavole in bianco e nero che celano un mondo fatto di schizzi e note musicali. “Suite for Malcolm” è una mostra di tavole disegnate da Francesco Chiacchio in occasione del tributo a Malcolm X da parte del sassofonista Francesco Bearzatti. Una collaborazione nata per comporre una tema musicale e visivo dell'attivista afroamericano.

Chiacchio è un artista che fa strada nell'ambiente fiorentino, illustrando libri come 90 secondi all'inferno. Storie Jazz di Gianluca Monastra e Massimo Basile, e collaborando con la pagina culturale della Repubblica della zona. Il ragazzo si crea uno stile molto personale capace di catturare sin da subito gli occhi degli osservatori. Bearzatti, invece, dal sax acido e psichedelico, per il suo Tinissima Quartet genera un lavoro multimediale realizzato con tecniche diverse e video-proiezioni live per un progetto discografico italiano. Il tutto coronato dalla supervisione editoriale di Antonio Vanni che pubblica il fatto. Al Parco della musica romano dall'11 al 27 novembre 2010 è stato possibile godere di questa esperienza, che rimane impressa in un gioco vetusto di chiaro scuri.

Superata una tabella con breve spiegazione biografica inizia il viaggio nell'epoca storica di Malcolm X. È proprio dalla ventiquattresima lettera dell'alfabeto che si visualizza sulla prima tavola, “X” dove nel suo interno si notano sagome di afroamericani che compongono una folla su sfondo bianco. Come a metaforizzare immediatamente le ingiustizie razziali degli Stati Uniti degli anni '50 e '60. Sono onirici orrori della segregazione subita dagli inventori del jazz, da animi stanchi dei lavori forzati e della diversificazione nazionale. “Verso Boston” sposta lo sguardo su un ponte nei quali archi ci sono dei volti scuri ed una locomotiva corre verso la città. “Ku Klux Klan” terrorizza rappresentando figure incappucciate e simboli esoterici molto pericolosi sul piano sociale. La contrapposizione, quindi, diventa sempre più evidente disegno dopo disegno. “Jazz” infatti si spiega da se, il fumo di un night sospira dall'immagine stessa, gente che balla liberando l'essenza musicale di una jam session in corso. In seguito “White man” colpisce duro, manganelli branditi con violenza cadono su corpi accasciati dal dolore. “Malcolm X” che osserva nel riflesso di occhiali che non lasciano intravedere il suo sguardo sicuro. Si fanno capire delle tonalità noir, quasi fummettische tavolo dopo tavola. Una visione sognante di quella realtà si insinua contemplando “Conversione”: una figura malinconica, in piedi su una mare di carte e libri, fissa uno spicchio di luna durante una sera stellata.

L'inchiostro su acetato di Francesco Chiacchio si esalta da sé in un astrattismo concettuale molto profondo. L'esposizione non si ferma all'apparenza delle raffigurazioni ma sale su per il naso recuperando un profumo che non sbiadirà mai nei secoli dei secoli. Da vedere di sera, con calma, in una riflessiva serata autunnale.


Rubens Lanzillotti

domenica 24 ottobre 2010

La libertà è partecipazione

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.

Come un uomo appena nato
che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco
con la gioia di inseguire un’avventura.
Sempre libero e vitale
fa l’amore come fosse un animale
incosciente come un uomo
compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno
di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio
solamente nella sua democrazia.
Che ha il diritto di votare
e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare
ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche avere un’opinione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto
che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura
con la forza incontrastata della scienza
con addosso l’entusiasmo
di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero
sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche un gesto o un’invenzione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.

(Giorgio Gaber)

lunedì 11 ottobre 2010

Da New Orleans a Hong Kong

"C'è qualcosa di eterno nell'oriente, qualcosa di cedevole e tuttavia saldo come roccia, contro cui il breve tuono dell'occidente, la sua efficiente irruenza sono come aria."
(William Faulkner)

..Una linea che unisce il mondo...

Rubens Lanzillotti

venerdì 24 settembre 2010

Settembre

Oh, Settembre che bruci come una sigaretta che non si spegne mai...
Sei insidioso ed orgoglioso.
La leggenda, l'inizio della realtà , la fine del sogno,
guarda le lacrime d'uva che piangono l'umano bisogno.
Ed ogni animo da adesso sarà pensieroso.

Onde di un mare caldo si raffredderanno sempre più veloci.
Amori e dolori si nasconderanno tra le mura dell'immaginazione,
quali colori potranno dare le foglie invecchiate dall'illuminazione?
Cadranno inesorabilmente molte delle deluse voci.

Oh, Settembre che ti appiccichi con insistenza sui vestiti...
Sei umido e fracido del tuo sudore.
Vergine e Bilancia, dell'estate il sapore e dell'autunno l'odore,
una speranzosa cicala, canta alla sua luna che cala.
Oltre l'orizzonte del domani questa natura che ammalia.

Ecco la città, i tergicristalli e l'intermittenza.
Social network e cybernetica realtà,
per molto tempo ancora si scapperà dall'autentica verità.
Solo alcuni ticchettii la scandiranno, fino a non poterne vivere senza.

Oh, Settembre che batti nel cuore anche mentre si dorme...
Sei la nostalgia e l'essenza.
La mela, il peccato e il sole cremisi,
arde la tua nostalgia nelle fiamme dell'onnipotenza.
Fumano gli spiriti accasciati sui loro corpi stanchi, mai riposatisi.

Gocce di un cielo che soffre scivoleranno per le strade.
Un uomo e una donna si ameranno con passione,
una volta, un'altra volta e un'altra volta ancora nella finzione?
Venti commossi, allora, spireranno quell'emozione che pervade.

Oh, Settembre che decanti le tue gesta nella melanconia...
Sei poetico ma maledetto.
Tramonti, dietro i rami dei fiori di pesco, che accarezzano questo sonetto.


Rubens Lanzillotti






giovedì 23 settembre 2010

Ferro 3


Quando si ha di fronte un film che respira filosofia orientale, che emana energia taoista dalla pellicola stessa, risulta ancora più evidente quanto gli artisti asiatici siano riusciti ad imprimere nell'atto creativo lo spirito libero della natura umana. In un profilo che attraversa tutta la storia, si arriva infatti a Kim Ki-duk che da appassionato pittore, e autodidatta dell'emotività sceglie la via del cinema contemporaneo per “tentare di comprendere l'incomprensibile”. E per questo che il colpo violento del suo Ferro 3 gli regalerà il Leone d'argento (alla 61a Mostra di Venezia) che ruggisce un messaggio ancora più profondo delle parole: il silenzio. Il protagonista, infatti, non si esprimerà mai verbalmente, cercando conforto e comprensione nelle vite congelate delle persone attraverso le case vuote. Come se cercasse di abbracciare un'intimità più grande della propria solitudine, riuscirà a trovare una ragazza che vive la sua stessa condizione di smarrimento dalla realtà, instaurando un profondissimo rapporto basato su sguardi intensi e delicatezze dei gesti. Un sogno. Un attimo poetico che coinvolge lo spettatore, sempre più toccato da questa lontana ed impossibile magia. Tutto ciò in diretto collegamento con la vita, spesso cruda ed imprevista nelle possibilità relazionali e casuali che passano davanti ai due personaggi (legati da qualcosa di ultraterreno) costretti a separarsi e segretamente ad amarsi. Da questo punto, un cambio di ciak radicale. Il film, oramai divenuto un dipinto che si muove, è un'entità con una presenza che sembra diventare incorporea e soprannaturale. Il ragazzo, pienamente cosciente di sé, giungerà ad amarla sotto gli occhi del brutale marito, come se il sentimento dell'amore puro fosse totalmente scisso dalle cose materiali. Ed è per questa ragione che la frase detta da lei, “Ti amo”, ultra citata nel mondo, assumerà un significato simbolico e religioso al di là degli schemi convenzionalmente conosciuti. Lo spettatore, adesso, è giunto al punto 0 e una musica esotica risuonerà nell'aria insieme alle pochissime, ma pesate, parole pronunciate nella casa vuota che è la nostra anima.

Rubens Lanzillotti

lunedì 9 agosto 2010

The Lark Ascending

Abbiamo la testa piena di storie.
Non importa di che tipo esse siano.
Sono racconti che portano la nostra anima a tuffarsi tra le righe di un libro con la stessa spontaneità dell'alzarsi la mattina.
La tendenza all'identificarsi nell'altro, a vestirsi di vicende che ci calzano a pennello ci riscalda profondamente da questo mondo freddo ghiacciato.
Apriamo la mente di ogni scrittore, celata tra due copertine rigide, cercando la soffice sensazione di un atmosfera vissuta.
Siamo esploratori dello spirito, che girano il mondo senziente adagiati su una poltrona che sfonda ogni confine geografico.
L'etereo Nord che seguiamo con l'immaginazione onnisciente, ci consola e abbraccia nelle scelte non scelte capitolo dopo capitolo...

È per questa ed infinite altre ragioni che l'essere umano continuerà a raccontare ed infinitamente le storie ad amare.

Rubens Lanzillotti